Curiosa e creativa sperimentatrice, Angela Alberici imposta la propria ricerca artistica superando il sensazionalismo di certa arte contemporanea e valorizzando la componente “artigianale” della propria esplorazione. Parlare di artigianato d’arte oggi, nell’età della massificazione tecnica, della serialità produttiva e del minimalismo concettuale, parrebbe a prima vista fuori tempo massimo. Invece – e l’Alberici lo (di)mostra – è possibile recuperare non soltanto l’importanza dell’eredità dell’artigianato tradizionale, ma persino il suo genuino e ancora (in)attuale potenziale artistico. Sino ad affermare il primato di questa pratica antica, a tratti antimoderna, su certe derive compulsivamente sperimentali dell’arte neoavanguardistica. Anche questa teoria che si fa immediatamente prassi è un omaggio alla tradizione rinascimentale e di bottega cui Raffaello sapientemente si ricollegava.
La Alberici, formatasi da autodidatta attraverso decenni di esperienza creativa nel mondo della moda e della scenografia, approda al design, con la creazione, fra gli altri oggetti, di lampade di cristallo che sono scrigni di luce, e quindi all’arte vera e propria, con il desiderio di convogliare le capacità tecniche, acquisite e stratificate, in quella esigenza di espressività, sulla scia di una tensione radicale verso la libertà, che solo una poetica autonoma rispetto a schemi e convenzioni può accordare.
Appassionata del lavoro sui più disparati materiali, nella sua ricerca recente predilige il cartongesso e le resine, con cui esprime lo sforzo dell’artista sulla materia: il lavorio incessante richiesto da questa tecnica trasforma la creazione artistica in una prassi ascetica – nel senso etimologico dell’“esercizio”. Fare arte significa così per la Alberici scontrarsi col mondo e con la condizione umana, partecipare a una guerra già persa in partenza, sic rebus stantibus, ma in cui l’artista testardo e volenteroso riesce a instillare spazi di bellezza e di assoluto.
– Luca Siniscalco
opera in mostra
“Vita”
60 x 120 cm
2018
Composizione elegante, misurata, a prima vista armonica, l’opera cela una tragica verità, che emerge dall’attenta lettura delle linee e delle forme: la vita è pesante, reggerla schiaccia l’uomo.
Eppure, è proprio in questo sforzo titanico che, come magistralmente è cantato da Leopardi ne La ginestra, si gioca tutto il senso dell’esistenza umana.