Il dadaismo, considerato entro una prospettiva storico-artistica, si colloca per molti aspetti sul crinale bifronte in cui il vertice del genio artistico occidentale sfuma nella provocazione concettuale extra-artistica. Con Dada l’arte al contempo diviene eterna e uccide se stessa. Gli esiti recenti prodotti da movimenti e artisti ispirati al dadaismo inverano sovente la sola componente “tanatofila” dell’Avanguardia storica novecentesca. Alla volontà di fissarsi, imperterrito e coraggioso, sul crinale proteiforme e liminale sopra citato, si richiama invece Sangre (nome d’arte di Marco Francesco Sangregorio). La sua opera si dimena creativamente nella logica extra-razionale del paradosso, facendo dell’ironia la chiave di una ricostruzione artistica dell’universo.
Il cosmo New Dada di Sangre rifiuta l’ordine, invoca il caos come sfida, esprime l’urgenza del rinnovamento socio-culturale. New Dada rappresenta per Sangre l’evoluzione di un percorso artistico da autodidatta, partito dall’astrazione, mossosi attraverso l’arte figurativa e ritrattistica, approdato – come la generazione di Duchamp – a un’arte che irride se stessa, annuncia il suo stesso tramonto, mostrando la bellezza della vacuità, la profondità del non-senso, la potenza estatica dell’eccentricità. Il “microbo vergine” – così Tristan Tzara definì il dadaismo – abita il vano, il caso e l’effimero. Proprio dimorando nel nulla riesce a scorgervi la pienezza radicale della libertà: “Si tratta infatti di superare sé stesso, si tratta di andar oltre a tutto quel che è vita e gioia d’ogni giorno, si tratta insomma d’incendiare tutto un mondo. E tutto ciò senza un perché, senza una speranza di ricompensa, senza una stella: solo per obbedire all’impulso senza nome che ci ha generato il disgusto, e ci ha resi indicibilmente assetati d’azzurro” (Julius Evola, dadaista italiano).
– Luca Siniscalco
Opere in mostra
“Sangre’s New Dada 45”
40 x 50 cm
Sangre edifica con sarcasmo, iperbole e paradosso un’opera che riesce a sfuggire a possibili esiti blasfemi immergendosi in una follia sacra.
Di estrema attualità il messaggio: il sincretismo culturale proprio della globalizzazione abbatte i muri fra culture ma ne impoverisce l’eredità simbolica e tradizionale. Proprio quella fonte viva che è origo prima dell’opera di Raffaello.
“Sangre’s New Dada 61”
40 x 50 cm
Pervasa di gusto postmoderno e citazionista, l’opera riprende un celebre particolare della Scuola di Atene di Raffaello, monumentale affresco d’inizio Cinquecento situato nella Stanza della Segnatura (Musei Vaticani).
Platone e Aristotele si scontrano su erotici umani troppo umani problemi.
“Busto di Ponzio Pilato”
30 x 20 x 10 cm (altezza comprensiva di “piedistallo” per larghezza massima per profondità)
Ready-made pienamente dadaista e duchampiano, l’opera inserisce la Crocifissione di Gavari (Raffaello, 1502-1503 – oggi conservata alla National Gallery di Londra), in un simbolo dell’angosciante dramma epidemico contemporaneo.
Pilato, colui che “si è lavato le mani”, assurge a simbolo paradossale dell’uomo contemporaneo.
“Chi sarà il Gesù Cristo della nostra generazione ?”, sembra chiedersi polemicamente Sangre…